Papakha, il copricapo reso celebre da Khabib Nurmagomedov

Ormai siamo abituati a vederlo ad ogni cerimonia del peso alla quale prende parte Khabib Nurmagomedov. Stiamo parlando del papakha, il cappello maschile di lana di pecora tipico delle popolazioni del Caucaso. Ma quali sono i motivi che hanno spinto Khabib a portarlo sul palcoscenico mondiale della UFC?

La storia vuole che sette anni fa, mentre passeggiava per un aeroporto in Daghestan in attesa di prendere un volo per gli Stati Uniti per il suo debutto in UFC, notò un negozio che vendeva souvenir.

Era il gennaio del 2012 e Nurmagomedov stava per lasciare la sua terra natia per approdare a Nashville, Tennessee. Il suo manager di allora, Sam Kardan, gli disse di portare qualcosa che lo avrebbe fatto emergere di fronte al pubblico americano. Fra i dibattiti che ne seguirono vinsero gli amici del clan di Nurmagomedov che gli suggerirono di scegliere qualcosa che avrebbe rappresentato lo spirito del Daghestan, repubblica montuosa della Russia nella regione del Caucaso settentrionale. Gli dissero che avrebbe dovuto indossare per esempio un papakha, il tradizionale copricapo portato dagli uomini mentre andavano in guerra.

Khabib così, in un momento puramente casuale, decise di comprare il papakha in quell’anonimo negozio dell’Aeroporto. Inutile dire che da quel momento è diventato uno degli acquisti più influenti nella storia della UFC. Quei 50 dollari che all’epoca sembravano essere stati buttati all’ortiche (i suoi compensi non erano certo come quelli di adesso) si rivelarono infatti un grandissimo investimento.

Match dopo match il papakha è diventato una parte tangibile della sua identità. Oggi, quando i fan di tutto il mondo sentono il suo nome, una delle prima cose a cui pensano è proprio il grande cappello di pelle di pecora. E non è un caso che sia diventato anche un articolo di abbigliamento di grande significato e che sia diffusissimo fra i fan.

Un oggetto prezioso insomma, come dimostrano anche le attenzioni che vengono riposte dallo stesso Khabib il quale si prende cura personalmente del suo copricapo e non lo mette per esempio mai nella stiva quando viaggia per paura che venga smarrito insieme alle valigie.

Un simbolo, un talismano, un oggetto di culto. Il qualsiasi modo lo si voglia chiamare, il papakha è entrato di diritto nell’immaginario collettivo della storia della UFC.

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