FIGHT WORLD – Alla scoperta del Lethwei

Continua il viaggio di Fight News alla scoperta delle realtà più estreme del combattimento. Dopo la STRELKA, questa volta facciamo tappa nello stato del Myanmar, l’ex Birmania. Qui, fra pagode, venti monsonici, umidità e fitta vegetazione è nato il Lethwei.

Per iniziare a spiegare meglio cosa esso sia, ci serviamo innanzitutto di questa foto.

Il viso qui sopra, seppur stravolto dagli ematomi, appartiene al campione di Muay Thai Meeboon. La foto è stata scattata subito dopo il suo match di Lethwei perso contro il campione del Myanmar Ye Thwe Ni. Un debutto che rappresenta una testimonianza più che indicativa della letalità di questo sport ancestrale del quale sono incerte persino le origini.

Le fonti più attendibili che arrivano direttamente dal governo birmano sostengono che il Lethwei provenga da un antico sistema di autodifesa che affonda le sue radici nel IX secolo D.C.. Un adattamento delle gesta dei gloriosi combattenti del passato che difesero la nazione dagli attacchi degli occidentali. Altri invece ritengono che il Lethwei sia ancora più antico e che risalga addirittura al primo secolo A.C.. Quello su cui tutti concordano però è la sua reale essenza, il suo autentico marchio di fabbrica per il quale viene considerato, ovvero la massima espressione del combattimento a mani nude. Eh sì, perché nel Lethwei si combatte a mani nude. Le uniche protezione ammesse sono delle fasce, del nastro, il paradenti e il paragenitali. L’arsenale a disposizione dei combattenti di Lethwei invece è illimitato e al tempo stesso spaventoso. Si possono usare infatti i pugni, i calci, le ginocchiate, le gomitate e persino le testate.

Le fasi del combattimento si svolgono come in un normale match di Muay Thai anche se nel Lethwei il regolamento è molto meno rigido soprattutto nelle fasi di clinch. Tradizionalmente il combattimento si svolgeva all’interno di un cerchio (in alcuni vecchi villaggi birmani si combatte ancora così). Negli ultimi anni invece sono stati introdotti i tipici ring. Nella versione più tradizionale non esiste un sistema di punteggio. Il match, dalla durata di 5 round da 3 minuti con 2 minuti di pausa tra un round e l’altro, può concludersi solo con la vittoria per ko di uno dei due partecipanti. Se il ko non arriva il verdetto è di parità. Una volta subito un atterramento il combattente ha a disposizione 20 secondi per recuperare e può chiedere, una sola volta durante il match, una pausa di 2 minuti (tranne nel quinto e ultimo round). Se uno dei due partecipanti subisce 3 conteggi in un round o 4 complessivi viene dichiarato sconfitto.

Regole che lasciano supporre poca pietà e che hanno contribuito a creare leggende e personaggi diventati mitologici nei racconti della gente del posto come per esempio i vari Tun Tun Min, Saw Gaw Mu Doe, Too Too o Phyan Thwe. A fianco a questi, e forse anche un gradino sopra, c’è poi Dave Leduc, un canadese classe 1991 che sta riscrivendo la storia di questo sport. Il “nomade”, così viene soprannominato Leduc, è attualmente il campione assoluto di questa disciplina. Dopo una carriera trascorsa in giro per il mondo alternandosi fra MMA, Muay Thai e persino qualche controverso match nelle prigioni di Bangkok, Leduc ha trovato la sua definitiva consacrazione nel Lethwei sconfiggendo i più forti atleti del Myanmar.

Un giovane guerriero, in uno sport antico. Il presente e il passato che si fondono per permettere al Lethwei di continuare a sopravvivere ai giorni nostri, seppur vincolato in una nicchia che noi di Fight News abbiamo voluto farvi scoprire in tutta la sua magia.

 

 

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