UFC, Khabib: biografia, carriera e ritiro
Khabib Abdulmanapovic Nurmagomedov nasce in un piccolo villaggio chiamato Sildi, in Daghestan, il 20 settembre 1988. La sua infanzia non fu facile, tra la povertà e le faide politiche che avvenivano nel suo paese, non ci mise molto a capire le difficoltà della vita. A portarlo nel mondo della lotta fu suo padre, Abdulmanap: un ex lottatore, diventato allenatore di sambo. Non solo istruì suo figlio in questa disciplina, ma lo educò anche secondo la religione mussulmana, la quale lo stesso Khabib, ancora oggi, segue assiduamente.
Nel 2001 lui e la sua famiglia si trasferirono a Machackala, la capitale del Daghestan, e in quell’anno iniziò la carriera nelle arti marziali.
Dal 2008 la carriera ebbe un grande spicco: campione del mondo nel grappling per il NAGA e due volte medaglia d’oro ai mondiali di sambo. Sempre dal 2008 fino al 2012, combatté nell’M1 Global e ProFC, dove costruì un record, nelle MMA, di sedici vittorie e nessuna sconfitta.
Nel 2012 cominciò a combattere in UFC, ottenendo in quell’anno due vittorie consecutive: una per sottomissione contro Kamal Shalorus e l’altra ai punti con Gleison Tibau. Nel 2013 continuò la sua dominazione nella promotion più grande al mondo, tanto da entrare nella top 10 dei pesi leggeri, soprattutto grazie alla vittoria con Pet Healy.
Gli anni dopo vennero caratterizzati dalle vittorie contro Raphael Dos Anjos e Michael Johnson e dalle continue proroghe del suo match con Ferguson. In quegli anni ebbe anche dei disguidi con la UFC, poiché la sua title shot venne data all’allora campione dei pesi piuma Conor McGregor.
Nel 2018 arrivò il titolo dei pesi leggeri. All’inizio doveva essere con Ferguson, che a causa di un infortunio venne sostituito da Al Iaquinta. E dopo cinque round di completa dominazione, il daghestano divenne campione.
Il 6 ottobre di quello stesso anno, Khabib fece parte di uno degli eventi più grandi della UFC, nel quale affrontò Conor McGregor. Fra i due ci fu un vero e proprio scontro, non solo fisico, ma anche vocale. Dentro l’ottagono “The Eagle” dominò completamente l’irlandese, vincendo al quarto round per sottomissione e poco dopo venne sospeso per aver aggredito dei compagni di allenamento di McGregor.
Sparì per nove mesi, finché il 7 settembre del 2019 tornò per sfidare l’allora campione ad interim, Dustin Porier. Anche qui la dominazione di Khabib fu netta e al terzo round vinse l’incontro con una rear naked choke, che gli diede anche il bonus di “Performance of the Night”.
All’inizio del 2020 venne annunciato per la quinta volta il match con Tony Ferguson, che però venne annullato nuovamente a causa del covid e delle condizioni di salute del padre. Venne fatto un incontro per il titolo ad interim, dove vinse Justin Gaethje.
Qualche mese dopo venne dichiarata la morte del padre Abdulmanap, e per il fighter iniziò un periodo buio: non aveva perso solo il padre, ma anche il suo allenatore e punto di riferimento in questi anni. Ma nonostante questo, annunciò che avrebbe difeso il titolo contro Gaetjhe e il 24 ottobre 2020 mantenne la promessa. Anche qui ci fu una totale dominazione del daghestano che vinse con un triangolo e arrivò a ventinove vittorie e nessuna sconfitta. Dopo quell’incontro Khabib annunciò il suo ritiro, dicendo che non avrebbe più combattuto senza suo padre a fianco e che aveva promesso alla madre che questo sarebbe stato il suo ultimo match.
Finisce un’era di pura dominazione nella categoria dei pesi leggeri, con l’abbandono di un atleta che forse non eguaglierà mai nessuno in questa disciplina. Un giorno potremo dire di aver visto in azione Khabib Nurmagomedov e, mentre scrivo quest’articolo, la mia mente è ossessionata da un unico quesito: «ci sarà mai un 30-0?».