Intervista con… Garcia Amadori

CIAO GARCIA E GRAZIE PER AVER ACCETTATO L’INTERVISTA. PUOI PRESENTARTI AI FANS ITALIANI DI BELLATOR RIASSUMENDO LA TUA CARRIERA NEGLI SPORT DA COMBATTIMENTO?

“Grazie a voi per l’attenzione. Io ho 45 anni ed ho iniziato a praticare a 6 anni con mio padre, agonista di lotta libera. Durante l’adolescenza ho praticato varie arti marziali per poi passare al pugilato. Nel 2002 ho vinto la cintura lombarda FPI, nel 2003 mi sono diplomato preparatore atletico e nel 2006 son diventato tecnico federale di boxe. Nel 2004 ho iniziato la mia serie di viaggi in Brasile per studiare MMA e Brazilian Jiu Jitsu. Nel 2013 ho ottenuto la cintura nera dal Maestro Sidney Silva e nel 2015 la prestigiosa rivista GRACIEMAG ha pubblicato una tecnica di mia invenzione, la vampire choke”.

SEI DA SEMPRE CONSIDERATO UNA FIGURA CONTROCORRENTE NEL MONDO DELLE MMA E DEL BJJ ITALIANI, PUOI SPIEGARCI PERCHÉ?

“Io ho sempre creduto che tutti debbano sapersi difendere nella vita. Partendo da questa idea ho creato il metodo ALL POINTS che sintetizza la mia mia visione del combattimento. Le sue caratteristiche sono, in primo luogo, la conoscenza di tutte le discipline che sono alla base delle MMA: pugilato, thai boxe, lotta e BJJ. Questo mi è stato possibile grazie all’esperienza maturata in quasi 40 anni di pratica. Tutto questo però non basta. Oggi in molti team ci sono diversi tecnici che si alternano nell’allenare gli atleti. Qualcuno è uno specialista dello striking, altri della lotta o del BJJ. Io sono di opinione contraria. In un team infatti serve un solo maestro che, come ho fatto io, sappia prima di tutto amalgamare queste discipline tra loro e non faccia invece allenare gli atleti a compartimenti stagni. Inoltre il bagaglio tecnico specifico va adattato alle MMA. Non si può infatti arrivare ad una proiezione senza un certo tipo di striking e a terra non ci si può certo comportare come se si stesse facendo del BJJ sportivo. Tutto questo in ultima istanza non è altro che riprendere la concezione del BJJ originario che era nato per la difesa personale non per le competizioni sportive. Oltre al lato tecnico però per prepararsi al combattimento serve anche una preparazione atletica, tattica e mentale. Pure in questo caso molte palestre ricorrono a diverse figure professionali, io invece formo i miei atleti anche da questi punti di vista”.

QUALI SONO I TRATTI DISTINTIVI DEI TUOI ATLETI E QUALI SONO I FIORI ALL’OCCHIELLO DEL TUO TEAM?

“Il tratto distintivo è sicuramente la mentalità perché acquisiscono con l’allenamento grande sicurezza nei loro mezzi, se ne accorgono quando si misurano con gli avversari. Questa forma mentis si costruisce nel tempo con lo studio delle tecniche e la preparazione atletica. Per quanto riguarda i miei atleti di punta, tralasciando quelli nella boxe, nel K1 e nel BJJ, ovviamente devo parlare di Stefano Paternò perché è in Bellator ed è quello che ad oggi ha vinto di più in questo sport. È con me da 10 anni ed è davvero un fighter completo. Lo ha dimostrato vincendo il titolo Cage Warriors e con un debutto in Bellator lo scorso ottobre che gli è valso, oltre alla vittoria, i complimenti di diversi commentatori stranieri, anche in Brasile. Poi mi permetto di citare Walter Pugliesi che ha combattuto in Bellator a Genova e Milano strappando in entrambi i casi applausi a scena aperta. Lo alleno da solo un anno ma è già migliorato tantissimo e sono sicuro che migliorerà ancora perché è un ragazzo determinatissimo. Da poco poi abbiamo in forza Manolo Zecchini che i fans italiani già conoscono ed il giovanissimo ma già esperto Dylan Hantig che sicuramente farà molto parlare di sé”.

QUADO HAI CAPITO CHE PATERNÒ POTEVA FARE STRADA?

“Non subito perché quando è arrivato da me aveva solo 13 anni ed era presto per valutare il suo reale valore come fighter. Ho però notato subito la sua determinazione perché non saltava mai un allenamento e non mollava mai. Crescendo è migliorato sempre più in piedi e a terra e sono certo che migliorerà ancora tanto. Il suo primo match, vinto, lo ha disputato quando aveva solo 16 anni ma lo avevo già formato anche mentalmente rendendolo sicuro dei suoi mezzi. Oggi è un atleta che ha il suo punto di forza nella completezza. È in grado di contrastare efficacemente sia grappler sia striker ed ha una buona potenza nei colpi, tutto questo lo rende pericoloso”.

L’ATTUALE PANDEMIA HA STRAVOLTO I CALENDARI SPORTIVI. A TUO PARERE, DAL MOMENTO IN CUI SI POTRANNO RIAPRIRE LE PALESTRE, QUANTO TEMPO SERVIRÀ A PATERNÒ PER PREPARARSI AD UN MATCH?

“Possiamo preparare un combattimento in circa 2 mesi e mezzo. Questo vuol dire che, se potessimo riprendere a fine aprile, sarebbe possibile sostenere un incontro verso metà luglio. Come coach però mi sento responsabile della sicurezza di tutti i miei atleti e quindi voglio precisare che riprenderò gli allenamenti solo quando il rischio contagio verrà ufficialmente dichiarato finito. A preoccuparmi sono gli asintomatici, ovvero le persone che stanno bene ma in realtà sono positive al virus”.

SECONDO TE SONO CRESCIUTE LE MMA ITALIANE NEGLI ULTIMI 5/10 ANNI?

“Sicuramente c’è stato uno sviluppo esponenziale che però ha purtroppo fatto nascere anche molte sedicenti scuole di MMA. Per capire il livello di un team bisogna guardare i suoi risultati. Se porta atleti a combattere ad alti livelli vuol dire che è una buona scuola. Molti invece si vantano ma vincono poco o niente. Bisogna vincere ma in promotion di livello e non con atleti reclutati per perdere. Anche se il match è in una promotion famosa bisogna quindi controllare il record degli avversari. I team di alto livello in Italia si contano sulle dita delle mani. Capirlo è semplice, basta vedere quanti hanno avuto successi di livello internazionale. Detto questo io sono un patriota e la mia crociata è sempre stata quella di far conoscere la scuola italiana perché non è vero che ci sono scuole buone solo all’estero. A volte vedo ragazzi che hanno speso un sacco di soldi per allenarsi all’estero in accademie di nome per poi sfoderare delle prestazioni mediocri. Voglio dirgli di stare bene attenti a come spendono il loro denaro. I team di livello, anche se pochi, in Italia ci sono”.

CHE EFFETTO HA AVUTO E POTRÀ AVERE SECONDO TE LA PRESENZA ORMAI STABILE DI BELLATOR IN ITALIA?

“Bellator è stato ed è una grande spinta per il movimento italiano delle MMA. Io sono sempre scettico su tutto ma in questo caso devo dire che la promotion sta facendo cose straordinarie in termini sia di visibilità sia di opportunità per i nostri atleti di combattere, anche negli eventi all’estero. Io l’ottobre scorso a Milano ho visto un palazzetto strapieno per un evento con ottimi match ed organizzazione eccellente. Credo che come italiani abbiamo fatto bella figura all’estero, da ogni punto di vista”.

 

Bellator.it

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